Siete alla ricerca di una dermatologa Corso Porta Vigentina a Milano? Molto probabilmente possiamo esservi utili, presentandovi il servizio Dermatologa Corso Porta Vigentina Milano della Dottoressa Elena Guanziroli!
La Dottoressa Elena Guanziroli si è laureata in Medicina e Chirurgia con 110/110 e lode presso l’Università di Milano Bicocca; è specializzata in Dermatologia e Venereologia, conseguita con il massimo dei voti presso l’U.O. di Dermatologia dell’Ospedale Policlinico di Milano.
Durante il percorso formativo e in seguito, le attività della dottoressa sono sempre state promosse da una costante passione, determinazione, dedizione, ricerca e costante aggiornamento; con un unico obiettivo, mettere al centro il paziente, nella sua interezza.
Durante le attività di ricerca nell’ambito di tumori cutanei, micosi, acne, idrosadenite suppurativa, ha contribuito attivamente a numerose pubblicazioni scientifiche. Attualmente collabora attivamente con la casa editrice Riza, per la stesura di articoli divulgativi, riguardanti la salute e il benessere in campo dermatologico.
La Dottoressa Guanziroli è iscritta al SUMAI, è socia AIDA (Associazione Italiana Dermatologi Ambulatoriali) e SIDEMAST (Società Italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse).
I dermatologi possono esservi utili per una serie impressionante di patologie (+ di 3000) collegate alla pelle, ricordiamo che la pelle è l’organo più esteso del corpo umano.
Nello specifico la Dottoressa Guanziroli si dedica con ottimi risultati alle seguenti patologie:
Un’offerta decisamente ampia che spazia su quelle che sono le principali patologie per le quali si interroga una specialista in dermatologia. L’Acne ad esempio è un “flagello” che molte persone subiscono fin dall’adolescenza, ma oggi cosa si può fare per migliorarla?
L’acne è una patologia infiammatoria che coinvolge aree della cute ricche di unità pilo-sebacee.
La comprensione dei processi biologici che intervengono nella patogenesi dell’acne è fondamentale per individuare terapie mirate.
I quattro fattori classicamente citati sono l’ipercheratinizzazione dell’infrainfundibulo, l’ipersecrezione sebacea, l’aumento del Cutibacterium acnes e l’infiammazione.
Nell’ultimo decennio si sono chiariti dettagli relativi ai singoli eventi, mettendo, però, in discussione il loro numero e la sequenza cronologica.
In particolare la visione tradizionale sembra essere rivoluzionata in quanto l’infiammazione, secondo le ultime evidenze, avrebbe un ruolo centrale, essendo coinvolta fin dall’origine.
L’acne è clinicamente caratterizzata dalla presenza di lesioni elementari di diversa natura ed in differente fase evolutiva che tendono a localizzarsi prevalentemente al volto (99%), al dorso (60%) e al tronco (15%), anche se non è raro l’interessamento del collo e del meato acustico esterno.
Nelle fasi iniziali dell’acne i follicoli pilo-sebacei sono caratterizzati da una iperproduzione di sebo e da un ispessimento dello strato corneo per aumentata proliferazione e adesione cheratinocitaria a livello dell’infrainfundibolo, che conducono a un restringimento del lume follicolare, con conseguente formazione del microcomedone.
Esso non risulta clinicamente apprezzabile ed è osservabile in circa il 28% delle biopsie di cute apparentemente sana in acneici.
Gradualmente dal microcomedone, per persistere della produzione di sebo combinata ad una ridotta possibilità di estrusione, si sviluppano un comedone chiuso o punto bianco e/o un comedone aperto o punto nero, che rappresentano le prime lesioni clinicamente visibili.
I microcomedoni, costituendo un ambiente anaerobio e ricco di lipidi, giocano anche un ruolo fondamentale nel favorire la produzione di mediatori della flogosi e quindi nello sviluppo delle lesioni infiammatorie, come papule, pustole, noduli e cisti.
I seni di drenaggio, le fistole, gli ascessi e le cicatrici rappresentano il quadro clinico delle forme più severe.
Il polimorfismo lesionale dell’acne può rendere la valutazione clinica spesso non agevole per cui numerosi gruppi di ricerca si sono impegnati nella realizzazione di metodi volti ad individuare criteri classificativi.
I sistemi classificativi più utili e pratici considerano la gravità del quadro clinico e il tipo di lesione predominante, identificando quadri di acne lieve o comedonica e papulo-pustolosa con poche lesioni, acne intermedia o acne papulo-pustolosa con numerose lesioni e nodulare con piccoli noduli ed infine, in acne severa o nodulare grave e conglobata.
I farmaci utilizzati nella terapia dell’acne possono essere distinti in formulazioni topiche e sistemiche, generalmente combinate tra loro, che hanno come target uno o più dei suoi fattori eziopatogenetici.
Sono stati recentemente pubblicati algoritmi terapeutici, che suggeriscono i più idonei trattamenti nelle diverse forme di acne con indicazione di farmaci di prima e di seconda scelta da utilizzare nell’acne di grado lieve, intermedio e severo.
Si tratta di una patologia infiammatoria cronica del volto, con una prevalenza variabile tra l’1 e il 22%. Interessa soprattutto soggetti adulti, di sesso femminile, con carnagione e capelli chiari.
Alla base dell’eziopatogenesi vi è il coinvolgimento di fattori genetici, con una disregolazione del sistema autoimmune e neurovascolare e un’accresciuta colonizzazione da parte di un parassita saprofita dei follicoli pilosebacei del volto, il Demodex folliculorum.
Si caratterizza per un coinvolgimento dell’area centrale del volto, con una varietà di quadri clinici, che si distinguono in funzione dei segni elementari. Ogni fase può essere osservata isolatamente, con la possibilità di un incremento e/o sovrapposizione dei sintomi e dei segni nei mesi o negli anni.
Classicamente si distinguono 4 stadi evolutivi nella rosacea:
Il trattamento viene modulato in base agli stadi evolutivi e consiste in prodotti topici da applicare con costanza, da associare eventualmente a terapie fisiche e sistemiche.
Per le teleangectasie laser e luce pulsata sono le opzioni più indicate.
In aggiunta, un vasocostrittore locale recentemente introdotto, la brimonidina, può essere utile per controllare l’eritrosi.
Per la rosacea papulo-pustolosa sono indicati antibiotici topici o per bocca, così come retinoidi locali e sistemici. Un acaricida, l’ivermectina in crema, recentemente introdotto nel mercato, si è dimostrato efficace in questa fase.
Negli ultimi stadi, l’iperplasia delle ghiandole sebacee, che condiziona lo sviluppo del rinofima, i metodi abrasivi tradizionali sono stati pressoché rimpiazzati dal laser ablativo.
Fondamentale e imprescindibile è la fotoprotezione, da usare costantemente in qualsiasi forma clinica di rosacea.
I capelli svolgono una serie di ruoli importanti, tra cui protezione fisica, termoregolazione, dispersione del sudore, produzione di sebo e feromoni, oltre ad essere fonte di comunicazione sociale e sessuale. Di conseguenza, la caduta dei capelli può determinare un disagio psicosociale profondo.
Comunemente nota come calvizie, l’alopecia androgenetica, rappresenta la forma più comune di perdita di capelli.
E’ causata da una progressiva miniaturizzazione del follicolo pilifero sotto stimolo ormonale. Ad esserne colpiti sono prevalentemente gli uomini, con un’iniziale perdita di capelli a livello delle tempie e del vertice.
Questo fenomeno, seppur più spesso in forma lieve, è frequente con l’avanzare dell’età, soprattutto dopo la menopausa, anche nelle donne.
Nel loro caso si osserva un diradamento prevalentemente localizzato al vertice, spesso meno marcato di quello maschile, ma più generalizzato.
La diagnosi di alopecia androgenetica è clinica (area interessata, caratteristiche di diametro e qualità del capello). La dermatoscopica si è dimostrata un utile presidio. In alcuni casi, soprattutto nelle forme femminili (FPHL, female pattern hair loss), può essere necessaria anche una valutazione ormonale.
Una valutazione dermatologica con inquadramento e pianificazione terapeutica è indispensabile fin dagli esordi per controllarla; si tratta infatti di una condizione, progressiva ed ingravescente in assenza di trattamento.
L’alopecia indotta da chemioterapia è un effetto collaterale comune ed estremamente visibile del trattamento del cancro, sebbene la probabilità di svilupparla e la sua gravità dipendano dal tipo di farmaco utilizzato e dal suo dosaggio.
La chemioterapia agisce eliminando le cellule tumorali che, per loro natura, hanno una crescita molto veloce. Sfortunatamente alcune cellule sane, come quelle dei capelli, si comportano allo stesso modo anche senza avere connotati patologici. Diventando quindi il bersaglio della chemioterapia, i follicoli piliferi interrompono il loro normale ciclo e iniziano a sviluppare capelli e peli direttamente nello stadio catagen (il terzo e ultimo stadio di vita dei capelli) e il fusto del capello non si sviluppa correttamente, si rompe e cade. Si tratta di una condizione reversibile: quando la chemioterapia viene interrotta, i follicoli si rigenerano normalmente e i capelli si sviluppano come prima del trattamento.
Insorge quando il nostro sistema immunitario attacca le cellule del bulbo pilifero in crescita. Questa malattia autoimmune, chiamata alopecia areata, è caratterizzata da un’alterazione del ciclo dei follicoli piliferi, che entrano prematuramente nella fase terminale detta telogen. I capelli si rompono e cadono, formando una o più chiazze sparse sul cuoio capelluto. I follicoli piliferi non vengono, però, distrutti e si rigenerano quando il sistema immunitario torna ad essere sotto controllo e a funzionare normalmente.
L’area colpita da alopecia inizialmente può essere piccola, per poi espandersi e interessare vaste zone del capo o tutta la testa. L’alopecia areata può insorgere a ogni età, ma spesso compare nell’infanzia.
Si tratta di una condizione più grave, in cui in seguito a processi infiammatori viene distrutto il bulbo pilifero, traducendosi in una perdita di capelli permanente.
Si distinguono le forme ereditarie, numerose, ma rare e quelle acquisite, più comuni, tra cui il lichen planus, il lupus eritematoso e la morfea.
Anche traumi, ustioni, radiodermiti o forme infettive gravi possono portare a un esito fibrotico-cicatriziale permanente.
Il minoxidil contrasta l’alopecia androgenetica sia negli uomini che nelle donne. Non è ancora del tutto chiaro come funzioni, ma usato correttamente e massaggiato in profondità nel cuoio capelluto, rallenta la caduta dei capelli e ne promuove la crescita. L’altro farmaco attualmente disponibile per l’alopecia androgenetica è la finasteride. L’utilizzo di questo principio attivo è approvato solo per gli uomini. Fra gli effetti collaterali più comuni c’è la perdita della libido.
Un altro modo per combattere la caduta dei capelli è trapiantare i follicoli piliferi dai lati e dalla parte posteriore del cuoio capelluto fino alla sommità della testa. I risultati del trapianto di capelli in uomini con alopecia androgenetica sono migliori se si associa terapia con finasteride 1mg/die.
Essa inibisce la miniaturizzazione e la successiva perdita dei capelli non trapiantati che circondano l’area del trapianto, migliorando la densità complessiva del cuoio capelluto.
Tecniche più avanzate di trattamento dell’alopecia androgenetica prevedono terapie chirurgiche, come l’autotrapianto di capelli, che consiste nel prelevare i capelli nella regione posteriore della testa (tecnica FUT o STRIP) e reimpiantarli nelle zone più diradate. In alternativa, è possibile prelevare direttamente i singoli follicoli piliferi, che andranno poi ad essere reinnestati nelle zone a più scarsa densità (tecnica FUE).
Da qualche anno è, inoltre, presente una tecnica infiltrativa di stimolazione basata sull’uso di PRP o plasma ricco in piastrine, fonte di fattori di crescita. Esso può essere utilizzato per stimolare le cellule staminali dotate di recettori per i fattori di crescita, presenti a livello del bulbo pilifero.
Si tratta di una malattia infiammatoria, su base genetica, condizionata dal sistema immunitario, che determina un’alterazione della crescita delle cellule dell’epidermide. E’ caratterizzata da un andamento cronico-recidivante, con una prevalenza nella popolazione generale stimata tra l’1 ed il 3%.
Il quadro più frequente è quello della psoriasi volgare, che coinvolge le tipiche regioni del cuoio capelluto, del sacro, dei gomiti e delle ginocchia. In queste sedi si osservano chiazze eritematose, talvolta rilevate, e ricoperte da squame biancastre bene adese.
La psoriasi guttata, si caratterizzata per elementi di piccole dimensioni, disseminati che spesso compaiono dopo infezioni acute delle prime vie respiratorie soprattutto se di natura streptococcica.
Nella psoriasi artropatica, le chiazze della pelle si associano a un’artropatia, localizzata prevalentemente alle piccole articolazioni (dattilite). La psoriasi ungueale può essere un primo indizio, che induce a indagare un possibile coinvolgimento articolare.
Il trattamento deve essere modulato tenendo conto dell’estensione del quadro clinico, della localizzazione, della presenza o meno di artropatia, dell’impatto psicologico della patologia sulla qualità di vita del paziente e della sua cronicità.
Tra i numerosi preparati disponibili per uso topico, i corticosteroidi e gli analoghi della vitamina D, rappresentano la terapia di prima scelta nella maggior parte dei pazienti con psoriasi volgare lieve-moderata.
I cheratolitici, generalmente a base di acido salicilico, aiutano ad eliminale le squame e a ridurre lo spessore delle placche.
Fondamentale è la compliance del paziente: se è buona il trattamento sarà più probabilmente di successo.
In caso di psoriasi estesa, resistente alla terapia topica, la fototerapia si è dimostrata un’utile opzione.
Gli effetti benefici delle radiazioni ultraviolette si possono anche associare a farmaci fotosensibilizzanti nella fotochemioterapia.
In casi selezionati (scarsa risposta a terapia topica, fototerapia, fotochemioterapia), psoriasi che interessa più del 10% della superficie corporea o sedi particolari, si può prendere in considerazione una terapia sistemica. Tra i farmaci più utilizzati vi sono la ciclosporina, il methotrexate e l’acitretina, ancora oggi di prima linea nel trattamento della psoriasi moderata-grave.
In caso di mancata risposta è contemplato il passaggio a una terapia biologica, costituita da proteine prodotte da cellule viventi mediante raffinate tecnologie.
Si tratta di grosse molecole somministrate per iniezione o infusione, con un bersaglio specifico, che richiedono un appropriato screening prima di essere prescritte.
Si tratta di proliferazioni benigne causate da virus del tipo Papillomavirus
Vengono trasmessi principalmente tramite contatti sessuali. È opportuno al riguardo che venga controllato anche il partner. Le lesioni tendono a diffondersi rapidamente e ad aumentare di dimensioni.
Appaiono come piccole vegetazioni esofitiche, verrucose, biancastre, peduncolate. Interessano l’area genitale, la zona perianale, talvolta in associazione o isolatamente anche il canale anale. Nel caso che persistano per molto tempo vi è la rara possibilità di una degenerazione tumorale.
Quando l’aspetto è tipico la diagnosi è clinica. Se le lesioni sono presenti da lungo tempo e vi è il dubbio di una degenerazione, un prelievo di tessuto per l’esame istologico è indispensabile. Esami sierologici per valutare eventuali contatti virali e per precisare lo stato delle difese anticorpali può essere indicato.
Sono possibili diversi trattamenti e, in relazione alla caratteristica di evoluzione, è corretto iniziare le terapie previste anche in presenza di minime lesioni, tenendo presente che la guarigione spontanea non si verifica normalmente.
Tra i principali trattamenti previsti abbiamo applicazione locale:
La scelta terapeutica deve essere valutata in rapporto alla sede ed al numero di lesioni. Sarebbe auspicabile una stretta collaborazione con il colonproctologo qualora le lesioni interessassero il canale anale.
La terapia fotodinamica (PDT) è un’innovativa tecnica, non invasiva, che si è dimostrata efficace nel trattamento di vari tipi di affezioni cutanee (acne, verruche, ulcere cutanee), indicata per il trattamento di lesioni pre-cancerose e per tumori cutanei superficiali non melanocitari (carcinoma basocellulare superficiale e morbo di Bowen).
Un farmaco fotosensibilizzante viene applicato nell’area di trattamento e una fonte di luce attiva la reazione chimica, inducendo così la formazione di specie reattive dell’ossigeno, che distruggono le cellule bersaglio, che hanno assorbito il farmaco.
La PDT non dovrebbe essere effettuata in pazienti affetti da porfirie, lucite polimorfa, connettiviti, altre patologie da fotosensibilizzazione e in chi assume farmaci fotosensibilizzanti.
Si tratta di una metodica generalmente ben tollerata, gli effetti avversi sono scarsi e caratterizzati perlopiù da dolore o bruciore localizzato all’area trattata.
Nei giorni successivi si può manifestare un arrossamento, molto raramente si ha una reazione infiammatoria con formazione di croste o un’ alterazione del colore della pelle.
Ci sono quelli che ci accompagnano dalla nascita e quelli che arrivano in età adulta o matura.
Non tutti sono pericolosi, ma alcuni sì. Stiamo parlando dei nei melanocitici o meglio di quelle formazioni pigmentate localizzate prevalentemente sulla cute: sono “macchie” benigne alle quali è bene prestare attenzione, perché fra di esse si può nascondere un melanoma.
Si tratta di un tumore della pelle che ha origine melanocitaria, è prodotto cioè dai melanociti, le cellule responsabili della sintesi di melanina ed è particolarmente pericoloso. È opportuno sempre, ma soprattutto dopo i 30 anni, eseguire visite dermatologiche periodiche per il controllo dei nei, anche perché dopo quest’età aumenta il rischio di sviluppare un tumore della pelle.
È soltanto l’occhio esperto di un dermatologo che può comprendere la differenza fra un neo innocuo e un melanoma, ma alcune caratteristiche devono far nascere il dubbio. A far da guida c’è l’alfabeto. A, B, C, D, E sono le lettere che fanno da promemoria per alcuni aspetti da osservare.
Asimmetria, Bordi frastagliati, Colore disomogeneo, Dimensioni > di 6 mm o comunque in aumento, Evolutività, ovvero variazioni delle caratteristiche complessive: questi i campanelli d’allarme che fanno pensare a un possibile melanoma. Per le donne le zone più a rischio sono le gambe, per l’uomo la schiena.
Se siete interessati ad incontrare una dermatologa in Corso Porta Vigentina Milano, vicino a voi, La Dottoressa Elena Guanziroli è felice di mettervi a disposizione la sua professionalità ed esperienza.
Il Servizio Dermatologa Corso Porta Vigentina Milano è disponibile, previo appuntamento in Via Quadronno 29.